L’Ottocento
Nel XIX Secolo vediamo la totale affrancatura dell’arte a stampa dal compito di riprodurre in modi squisiti le opere pittoriche degli artisti più o meno famosi del passato o coevi agli incisori del presente. Quella nazione europea che sembrava essere il fanalino di coda della produzione grafica, cioè la Gran Bretagna, diventa la prima potenza economica mondiale, nella sua incredibile ricchezza, e sviluppa le arti figurative in modo così sensibile che, nel giro di poco più di mezzo secolo, nella seconda metà del '700, riguadagna quanto finora, nel suo cammino per allargare i propri mercati d'influenza, non aveva mai curato né sviluppato in termini coerenti, "approvvigionandosi " in forme di collezionismo quasi maniacali, presso gli altri stati europei.
Anche la sua editoria tende a migliorare e cominciano ad apparire delle belle edizioni illustrate anche per merito d'un suo figlio, Thomas Bewick che, nato buon acquerellista, sviluppò la tecnica xilografica su matrici di Legno di testa, utilizzando come materiale il duro bosso che permise, usando il bulino al posto delle sgorbie da legno, di ottenere matrici di forte bellezza pittorica, con risultati molto vicini ai bei bulini su rame.
Arte chiama arte e artisti, specialmente perché la dovizia inglese comincia a richiedere artisti che ornino le ricche magioni e ne richiama vari dall’Italia, mentre altri vanno in Francia: si creano scuole e movimento d'opere d'arte e nuovi interessi culturali per i giovani locali che dimostravano capacità artistiche. Nascono quegli umoristi-satirici che hanno caratterizzato gran parte delle favole illustrative delle gazzette inglesi. Forse il più vivace ed intelligente fu J. Leech, come per gli illustratori degli sport inglesi, il cui formidabile capostipite fu H. Alken. È anche il grande periodo degli acquerellisti anglosassoni che ci diede, nel corso del XIX secolo, dei veri capolavori di sensibilità e armonia.
Molti saranno anche incisori paesaggisti come J. S. Cotman, Gitrin. FS. Haden, Strang, O. Hall e, tra loro, nato pittore ma convertitosi eminentemente alle incisioni, F. Brangwyn. Appaiono anche incisori che lasciano il segno entro i confini d'Europa: pensiamo a quel genio assoluto di W. Blake, ancora figlio del secolo precedente ma profetico e mistico anticipatore del Romanticismo, che ispirò i Pre-raffaellitti W. Morris, Rossetri e Burne-lones. Egli compose nel suo stile visionario e spesso allucinato dei cicli incisi ad illustrazione del Libro di Giobbe e quelli per le illustrazioni virgiliane, oltre alla Divina Commedia, ai Canti di Ossian ed al Paradiso perduto di Milton, fra il finire del'700 ed il primo quarto dell'800.
Ricchi di una grandiosa tensione poetica, i suoi rami, incisi con tecnica a rilievo come per le xilografie, in cui l'acido scava il metallo per ottenere i bianchi o, come spesso era solito fare, ripassandoli in monocromo blu, giallo o verde, steso all'acquerello, rilegati per temperare il tessuto nero di base, sono stampe rare perché quasi tutte contenute in testi illustrati.
L’invenzione della tecnica litografica nel 1799 annunciò ancor di più i cambiamenti rapidi della società dell'800. Mezzo molto più veloce per creare immagini, duraturo perché garantiva una stabilità alla matrice che non subiva i danni e le consunzioni dei metalli incisi, sembrò essere il metodo più appropriato per riprodurre dipinti, spartiti musicali ed in genere immagini a stampa. Fu una moderna valorizzazione dell'immagine: chiunque sapesse disegnare poteva ottenere delle stampe. Ma il grande artista, Goya, ci diede modo di rivalutarla ai fini artistici solo con quattro tavole disegnate sulla pietra nel'25 a Bordeaux e con il piglio sicuro di un uomo che non sembra avere gli ottant’anni raggiunti. Celebri e assai rari los toros de Burdeos.
H. Daumier confermò la validità del nuovo mezzo producendo più di quattromila litografie per i vari giornali con cui collaborava, ciascuna carica di quell'umanità che lo contraddistinse come vero giornalista e documentarista, ma anche censore ed analizzatore sociale che traduce in sole immagini i rivolgimenti che si stavano producendo in Francia nel corso del XIX secolo, sempre però con il marchio del grande artista che fu, o per un taglio grafico dato dai neri intensi del ductus che si stagliano sui bianchi brillanti dei fondi, o per le scelte particolari nel rappresentare le scene in interno o esterno, ma spesso anche per la solida ed innovativa tecnica espressiva.
A ridare grande dignità espressiva all'acquaforte venne, attorno alla metà del secolo, Ch. Meryon, pittore mancato per un daltonismo che gli impediva il riconoscimento dei colori, ricreò con la tecnica incisoria le infinite possibili alternative all'arte pittorica con i segni apparentemente semplici, in bianco e nero, delle sue acqueforti, cosi poeticamente perfette e ricche di sensazioni. Solo un animo lirico come il suo riuscì a interpretare una vecchia e gloriosa Parigi che andava quotidianamente perdendo il suo passato ideale romantico, come un uomo che non vuole stare coi suoi tempi? No, e lo riconobbe anche Baudelaire che voleva accompagnare coi suoi testi le splendide e non grandi tavole parigine dell’infelice artista, ma la malattia mentale che già lo affliggeva non fece concludere il progetto inviso alla critica e all’opinione pubblica.
Egli vendette in vita solo poche copie dei suoi lavori, mai accettati ai Salon parigini, ma dalle sue ceneri nacque, indirettamente, la Société des Aquafortistes in cui confluirono da Europa e America, in un numero sempre crescente, nuovi e bravi artisti pittori che si dedicarono alla pratica incisoria. Félix Bracquemond e Alphonse Legros la fondarono nel' 61, vi parteciparono B.Jongkind, S.Haden, É. Manet, che incise su rame varie bellissime composizioni, C. Corot sperimentatore di nuove tecniche, una via di mezzo tra litografia e fotografia, J.F. Millet, E. Degas, P.A. Renoir, C. Pissarro e tra tutti J. McNeil Whistler, americano naturalizzato inglese, il massimo acquafortista e ottimo litografo dell’Ottocento.
Artista irrequieto, aristocratico, cosmopolita con una frenesia di muoversi e conoscere quanto più gli era possibile, venuto in Italia, a Venezia insegnò al suo secolo ad apprezzare non solo le vedute veneziane del Guardi e del Canaletto, ma gli angoli segreti, le piccole calle, i balconi, i portali sui canali pervasi da sottili effetti di luce e addirittura riuscendo a farci percepire le nebbie dorate della laguna. Più amato dai francesi, abbastanza criticato dagli inglesi, è stato un faro che illuminò i percorsi di molti altri incisori.
Altro grande personaggio di questo secolo, che aprì diverse nuove strade espressive, fu anche H. Toulouse-Lautrec, amante della stampa giapponese e dei percorsi che vari artisti della terra del sol levante fecero nel '700, quelli che, per i conoscitori sono definiti gli artisti dell'Ukiyo-e o mondo fluttuante. Dallo spunto di queste stampe nascono, nelle sue composizioni, la sottolineatura delle figure, i colori violenti e pieni, i tagli particolari dal punto di vista prospettico e le ambientazioni, molto spesso impudiche ed equivoche nelle quali però il senso doloroso che comunicano ci dice come l'artista partecipasse con piena e cosciente sensibilità umana; in seguito mantenne i temi ma modificò la tecnica che divenne più equilibrata, con i segni più precisi colori più morbidi ed il bianco come elemento moderatore.
Da lui nasce il moderno manifesto pubblicitario e, memore di Daumier, ne perfeziona le tecniche litografiche ma ne rende effimero il discorso sociale.