Grande meteora del Seicento, la mostra ci porterà ad incontrare Rembrandt, il più grande, l’unico, il solitario, sopra tutti e fuori da ogni confronto, che interpretò per primo quella ricerca di verità e naturalezza che saranno care al Secolo Barocco, in termini totali ed applicazioni assolute. Lui, il piccolo e gigantesco artista di Leida, figlio di un mugnaio benestante, cantore sublime delle gioie e dei dolori del vivere umano. Nella sua Olanda molti furono gli incisori di invenzione a lui contemporanei, ma che per diverse accezioni nacquero da una figura minore del pennello, quel Pieter de Laar, detto a Roma "il Bamboccio", che dalla Città Eterna portò la consuetudine delle rappresentazioni di vita popolare fino ai Paesi Bassi, facendo così emergere il genio di A. van Ostade e con lui di C. Bega, di J. Van Vliet e di C. Dusart.
Sempre olandesi, nati attorno al ritrattismo rembrandtiano e vandyckiano (tutti compilatori "dell'iconographia" di quest'ultimo), spiccano notevolmente Lievens e Böll e i francesi Nanteuil, Audran, Edelinck, Mellan e i Drevet.
Per la nuova ricerca paesaggistica dobbiamo citare i van de Velde, il magnifico e immaginifico Ruisdael e gli armoniosi Waterloo e Everdingen, il poetico compositore di marine Zeeman, non dimenticando ancora le rappresentazioni del mondo animale di Potter, van de Velde, Berckem, Dujardin, e per ultimo quel P.P. Roos detto "Rosa da Tivoli" che in qualche modo può essere consideralo uno dei cantori del movimento tardo barocco dell’Arcadia.
Il Settecento
ll nuovo secolo XVIII, che si presenta in vesti frivole e raffinate (tanto che il pensare comune è di considerare le arti figurative esclusivamente come elementi piacevoli di completamento ad una vita lontana dai crucci e dalle avversità), presenta le tecniche incisorie nuovamente come soggetti di riproduzione e di divulgazione a fini meramente decorativi: queste si raffinano e si perfezionano per riuscire a reinterpretare le opere dei grandi nei modi più precisi possibili.
L’Arte europea entra in parte in stagnazione cosicché, tra le poche voci di creatività genuina, rimarranno solo la scuola veneziana, in tutte le sue accezioni, l’immaginativa inglese e di Hogarth e la voce assoluta dello spagnolo Goya, artista di grande complessità, creativo, analizzatore e fustigatore delle trivialità ignoranti di un'umanità guardata con occhi di giudice imparziale ed implacabile di uomo immerso nella corrente illuminista.